Questo primo maggio, a causa di questa quarantena, è una festa un po’ diversa. Nessun evento in giro e nessun concerto sui prati del Talvera a cui partecipare.
Oggi non si balla e non si salta, ma per fortuna c’è sempre il concertone su Rai 3, anche se in un edizione molto differente e molto meno movimentata. C’è da attendere però la sera in quanto comincia solo alle 20, a differenza degli altri anni.
Ma la mattina comincia presto, sveglio alle 8 con un ottimo primo pasto!
Se io sono lo chef durante la giornata, la mia ragazza lo è per la colazione!
Un ottimo waffle con yogurt greco, miele, mela e kiwi, qualche seme di girasole e qualche fiocco d’avena!
La razione mi ha messo un po’ di sonnolenza, beato sul divano ho fantasticato su quale giro fare, procrastinando un po’. Scartato in partenza giri troppo tosti avevo optato per il classico, vicino e versatile Monticolo. Se avessi voluto, avrei potuto allungare il tragitto, una volta trovata più voglia durante il giro.
Mi vesto e colgo l’occasione per mettere finalmente i vestiti nuovi, ordinati proprio due giorni prima del blocco del mese scorso. Un dispetto vederli li e non poterli mettere.
Sacca idrica, barrette, borraccia con Polase. Occhiali e guanti. Ho tutto!
Prima di partire sul serio, devo alzare un filo la sella e poi è d’obbligo il check della pressione delle gomme. Decido di controllare anche la pressione delle sospensioni, che avevo tralasciato con la manutenzione di qualche settimana fa, immettendo un po’ di aria in quella posteriore dato che stando seduto si comprimeva troppo.
Uscito, mi è bastato fare 50 metri verso Monticolo per capire che non sarebbe stata la mia meta. Anche prima mi era passato per la mente il Colle, non volevo però strafare.
Ma non appena messe le ruote sull’asfalto, ho ritrovato tutta l’energia e la voglia di cui avevo bisogno. Certe volte basta davvero solo partire:
“Chi ben comincia è già a metà dell’opera!”
Poi vedendo stagliarsi il Colle così alto e verde, al primo passaggio pedonale su viale Druso non ho potuto resistere ed ho diretto i tasselli verso zona Kampill.
Cielo blu intenso e qualche lieve nuvoletta. Dopo 15 minuti intraprendo la dura salita che mi porterà al Kohlern il cui “centro” è a quota di 1.150 mt. Da lì sarei salito ancora un pochettino per poi scendere come sempre dall’impegnativo sentiero nr. 3.
Salgo regolare senza forzare e spingere troppo, sono uscito per godermi il giro e non sono in gara con me stesso. Mentre la città di Bolzano si fa via via più piccola mi godo le sfumature di verde della natura in contrasto con il blu del cielo, quasi prendendo forza dal tepore del sole che illumina incessante il primo tratto della salita.
Più nessuna traccia di escursionisti, che alle basse quote salivano o scendevano lungo la strada asfaltata, procedo senza pause e con costanza con il secondo tratto di salita nel bosco. Al riparo dal sole, il sottobosco qui è ricoperto di foglie marroni e lascia un lieve gusto fresco nell’aria.
Anche se il tratto più ripido è passato, non vedo l’ora di arrivare in cima e concedermi una bella pausa al sole, ma tornante dopo tornante so che non mi manca molto vedendo il dislivello aumentare sul computerino.
In questa ora abbondante di sola salita con 11% di pendenza media, faccio 8 km.
Tempo in linea e primo traguardo raggiunto!
Finita una barretta ed asciugato un po’ la maglia al sole, in preda alla voglia di conquista decido di non fermarmi lì e di spingermi più in su dove ancora non sono mai stato, la cima più alta del Colle.
Da casa vedo sempre le antenne che sono in totale 4: due più basse dai cui passo sempre quando vengo quassù, una poco più su e l’altra ancora più in alto.
Ultimamente mi rodeva non aver ancora conquistato tutto il monte. Ora sapevo la mia destinazione finale.
Riprendo quindi la salita arrivando ai 1.365 mt. dell’albergo Schneiderwiesen, naturalmente chiuso per via delle restrizioni della pandemia. Da qui lascio l’asfalto e mi arrampico sull’ancor più ripido sentiero che porta a Nova Ponente e che ho già avuto occasione di fare un paio di volte. La strada proseguirebbe a destra tra saliscendi toccando una palude e le viste mozzafiato dal Rotstein e dalla Rotwand, due pareti di porfido a picco sulla Bassa Atesina.
Ma non è quello il mio giro oggi. Giunto sul bivio dove un crocefisso svetta su di un imponente masso, taglio a sinistra per raggiungere quella che è la cima del Monte Pozza o Titschen. Qui la salita strappa ancora di più e la ghiaia e le rocce lasciano il posto ad un fondo asfaltato da decenni, come di quelli che si trovano su pendenze importanti nei pressi di cime e ripetitori. Terreno meno soggetto al lavoro degli agenti atmosferici, permette ai fuoristrada di salire su quei tratti ripidi per effettuare lavori e controlli alle antenne.
Come da programma, immerso nel fitto del bosco, all’ultima curva spunta il tanto agognato ripetitore che mi indica di essere arrivato in cima al Titschen che sovrasta il Colle a quota 1.616 mt.
A questa altezza c’è ancora qualche cumulo di neve nelle parti meno esposte al sole, poca cosa ma fa strano vederla a maggio.
Ma quello che veramente mi colpisce sono delle costruzioni di cui ignoravo l’esistenza.
Durante l’occupazione nazista in piena seconda guerra mondiale (settembre 1943 – maggio 1945), sono state installate delle postazioni FLAK (Fliegerabwehrkanone) per far fronte ai bombardamenti degli alleati che avevano come obbiettivo le industrie belliche e le linee di trasporto.
Oltre ai basamenti di cemento ed una casetta anch’essa di calcestruzzo, ci sono tantissime di queste rovine probabilmente dormitori o edifici accessori, delle quali sono visibili stanze porte e finestrelle, con muri rigorosamente in porfido rosso.
Proseguo il percorso facendo il giro circolare del monte. Purtroppo ci sono tantissimi alberi abbattuti qui, sradicati o spezzati dal vento. Per quanto sia brutto vederli così, è alquanto faticoso dover farci slalom ed uscire dal sentiero.
Sbaglio pure bivio prendendo il sentiero che chiude l’anello più alto invece che di quello centrale come mi ero prefissato. Ma la situazione è la medesima su tutto il versante, alberi ovunque. Non è il miglior tipo di tracciato.
Faccio un transfer in mezzo al bosco e ripreso il sentiero voluto, tra uno sbuffo e l’altro, alterno la pedalata allo spingere la bici per oltrepassare i tronchi, ritornando infine allo Schneiderwiesen.
Da qui raggiungo poi il sentiero 3, unica alternativa all’impegnativo sentiero 4. Quest’ultimo è stato per anni il vero sentiero downhill del Colle, ma da qualche anno è esclusiva di soli escursionisti a piedi. In seguito ad un’ordinanza comunale è stato vietato il passaggio alle bici, perciò non potrò mai affrontarlo.
Scendo dal 3 con “poco manico“, sono duro e non mi adatto troppo ai cambi di direzione o spostamenti di peso. Devo riprendere un po’ la condizione in discesa, mi serve un po’ di gavetta a Monticolo e credo che debba sbloccare un po’ il core, la parte centrale del corpo che sulla MTB è importante quanto le gambe.
Concludo infine la discesa con le gambe un po’ dure, scendendo dalla bici su quei ripidi tratti in cui le ultime volte ero così orgoglioso di non aver appoggiato nemmeno un piede.
Ma c’è tempo per rifarsi e per riprendere la condizione fisica e quel briciolo di spericolatezza che in discesa aiuta solo, ed anche tanto.
Sono contento di aver conquistato nella sua interezza il Colle e di aver portato a casa 3 ore e mezza in movimento sui pedali, con un giro da quasi 5 ore in totale.
Nonostante la fatica 1.433 mt. di dislivello, ottimo!
E vaiiii viva la bici le cose che vedi e assapori e’unica, la fatica ripaga tutto questo bellissimo giro e super con tappe e racconti pure importanti segnate dalle guerre e ogni tanto dimenticate complimenti bravo Alessandro vaiiiii a tutta bici e a mille emozioni che sa dare valore a tutte le fatiche BRAVO.MARA😚
Grazie! ☺
É proprio il mio obbiettivo per questa sezione! Un Ride Diary, un diario di viaggio che comprende idee, esperienze e preparazione, anche culinaria! 🥗😋